Cambiare vita, trovare la felicità
Potrei ascoltare per ore le storie delle persone, di tutte le persone, se una signora mi ferma per strada e comincia a raccontare, come succede spesso qui in Puglia, io mi metto ad ascoltare senza interrompere e quando mi accorgo che il discorso si sta per spegnere allora faccio delle domande, non serve elaborarle, scaturiscono naturalmente dalla curiosità. Se quando capita sono accompagnato da qualcuno, questo mi prende per pazzo, sgrana gli occhi come a dire “Non vedi che stava per chiudere il discorso? Perchè l’hai riaccesa?”. Portasse pazienza, sono fatto così, mi piace ascoltare a vanvera.
Le storie sono appassionanti, ci specchiamo in alcune e poi altre ci sorprendono insegnandoci cose nuove, piccole o grandi che siano.
Se a parlare sono amici, persone con le quali hai dei racconti condivisi, o più semplicemente uomini e donne che stimi per come si comportano nel mondo, allora vale la pena approfondire il loro punto di vista, perché è prezioso, soprattutto quando è diverso dal tuo. Ecco il perchè di questo capitolo.
Non è facile intrattenere una conversazione su temi come il downshifting, il cambio di vita, i sogni e la felicità, senza cadere nella banalità o rimanere schermati dietro quello che “sarebbe popolare dire”.
Ho voluto raccogliere istanze, opinioni, spaccati e visioni che vanno oltre le tendenze e le parole in hype del momento, ho scelto di farlo in maniera estremamente sintetica, togliendo quasi tutto per lasciare solo la radice e i frutti. Un distillato di esperienze, estratti della “mappa personale” di donne e uomini molto diversi, che probabilmente in qualche modo conoscete anche voi e che hanno condiviso con me alcune delle loro coordinate per la felicità.
GRAZIE A:
Raz Degan, Andrea De Logu, Rosario Pellecchia, Alessio Bertallot, Leonardo Manera, Elena di Cioccio, Dj Toky, Livio Magnini, Modou Gueye, Stefano Chiodaroli e agli altri amici che si aggiungeranno.
Se vorrai, scorrendo questa pagina, potrai rispondere anche tu alle stesse domande che ho fatto a loro e raccontare la tua storia, per far parte di una grande mappa di esperienze, opinioni, emozioni e costruire una storia collettiva sul senso di cambiare vita e cercare la propria felicità.
Spero di leggerti presto!
ELENA DI CIOCCIO
Elena si è resa pienamente conto di nutrire un forte senso di appartenenza nei confronti di Milano solo dopo aver vissuto a Roma per dieci anni. Prima di quella esperienza non pensava di essere così legata alla sua città d’origine. Milano le è mancata sotto tanti punti di vista, per le abitudini, il mood delle persone e perfino per il clima. Della milanesità ha cominciato ad apprezzare servizi ed efficienza, che oggi le fanno sentire meno la mancanza dei monumenti e dei tramonti che ha lasciato a Roma.
“Noi milanesi sentiamo che la città ci rappresenta, è un po’ come il nostro biglietto da visita”. Mi dice per sottolineare come a Milano ci sia una certa cura per gli spazi comuni, una cosa che le piace.
Elena quando è tornata si è sentita finalmente a casa perché ama la dimensione e il dinamismo che Milano esprime, insieme alle possibilità progettuali e al network in grado di concretizzarle. Allo stesso tempo mi parla di “efficienza non totalizzante” ovvero di come la città offra la libertà di interpretare la propria giornata scegliendo a che velocità si vuole andare. Al contrario, l’inefficienza di una città diventa totalizzante quando impedisce o rende più difficile aumentare il passo, costringendoti ad andare alla sua velocità.
Cercare situazioni congrue, trovare le dimensioni che ci fanno stare bene, non necessariamente vedere la produttività come un male o come qualcosa in contrapposizione con il nostro benessere è l’idea di downshifting di Elena. Nasce dall’esperienza, dai crack personali dovuti agli incidenti della vita che l’hanno a volte costretta a subire dei downgrade e conseguentemente a fare cambiamenti importanti. Della sua storia mi ispira il modo in cui ha affrontato e affronta le scelte, cioè prendendosi del tempo, facendo il piano della propria vita su base annuale se non triennale. “Più sposti in avanti l’obiettivo, più hai tempo di elaborarlo e sei in grado di manovrare le tue risorse”. Elena è un mix di matematica e spiritualità e la sua idea di felicità è tutta basata sull’unicità della persona. Non so se prima o poi cambierà vita e verrà al Sud o andrà dall’altra parte del mondo, ma da qualche tempo lascia aperte tutte le porte al possibile. Sicuramente vivrà dove può scegliere ogni giorno di essere felice.
ANDREA DELOGU
Andrea abita Roma da più di dieci anni, ha abitato prima a Bologna, prima ancora a Milano ed è nata e cresciuta a Rimini. A Milano si sente a casa, Roma invece è la sua avventura. “Roma è solo mia, l’ho scelta io, ho dovuto combattere per essere accettata in questa città e adesso è la mia dimensione”. La sua radice però è tutta a Rimini “L’ odore di Rimini a primavera è afrodisiaco, miele e salsedine”. Andrea non potrebbe mai, come fanno in molti, diventare milanese o romana, nemmeno se vi abitasse per cent’anni. Lei è una riminese che abita a Roma. Figlia di milanesi, cresciuta in romagna, da bambina sentiva il retaggio meneghino tanto da percepirsi quasi “trasferita al Sud”. Rimini l’ha gettata nella mischia in fretta, come fa con tanti suoi figli intraprendenti. La vocazione per l’entertainment della Romagna, insieme ai ritmi delle stagioni turistiche, hanno dato alla quattordicenne Andrea la possibilità di lavorare in estate come insegnante di ballo e poi come animatrice in discoteca. Una dimensione divertente e appagante, che rischiava però di disegnare per lei un futuro bello e piacevole ma circoscritto. Andrea si è messa nella condizione di conoscere il mondo attraverso un’azione singolare, cioè forzandosi a scappare da Rimini subito dopo il diploma, proprio perché stava talmente bene da aver paura di quella felicità. Aveva forse paura di non vedere nient’altro nella sua vita. A molti suoi amici è andata proprio così “Sono molto felici ma non hanno visto cosa c’è fuori”. Con Andrea il mio downshifting non attacca. “Io sono il mio lavoro, la mia vita è quello che faccio, quello che scrivo e quello che racconto”. Andrea non vive la divisione del tempo tra lavoro e tempo libero, non pensa: “Devo prendermi più tempo per me” perchè in realtà “È sempre tempo mio che trasformo in comunicazione, forse un giorno diventerò pazza, ma ad oggi non ho un momento in cui dico: ora stacco”. Ha fatto in modo che tutto quello che le accade nella vita possa diventare entertainment o approfondimento. Podcast, teatro, radio e televisione vivono simmetricamente di quello che le succede quotidianamente. “Quando sono in vacanza e non mi succede niente, per me è un problema, vuol dire che mi sto fermando, che sto morendo.” Ha provato a oziare ma per lei è impossibile, lo ammette sinceramente, anche se si trovasse qui in Puglia in mezzo agli ulivi, piuttosto che niente si metterebbe a scrivere. Non avverte mai la necessità di fare di meno, ma anzi sente sempre di fare troppo poco. Per Andrea le diversità culturali tra Nord e Sud ci sono, eccome: “L’italia è lunga, cambiano le temperature e cambia la gestione del tempo”. La famiglia di sua madre è pugliese e quando va a Gallipoli, complici i ricordi dell’infanzia, riesce perfino a godersi alcuni momenti dilatati che più a Nord non esistono e che abitualmente non fanno parte della sua quotidianità. Il consiglio che si sente di dare a chi è pronto per cambiare vita è semplice e pratico: “Trovate qualcuno che vi mandi un pacco da giù o un pacco da su, l’unica cosa che può veramente mancarti quando ti sposti è il cibo, tutto il resto si sistema”. Andrea sa che le persone cambiano e la casa di ognuno di noi non è detto che sia quella in cui siamo nati o cresciuti. Da ragazza è stata “Una combattente che doveva sopravvivere e far vedere quanto valeva” mentre oggi con la maturità si gode la sua identità. Ha scelto di vivere a Roma in quanto Roma la completa ed è in quel luogo che trova la sua felicità. “La felicità per me non è serenità, ma colori e stimoli”
STEFANO CHIODAROLI
Stefano è di Varese, vive a Vigevano ed è legato ai posti più che alle persone, l’identità non la ritrova tanto nella comunità, quanto piuttosto nel bosco, nel fiume, nei prati e nelle montagne. “Il mio legame è nella natura e non con le persone che vivono nelle case”. Da quando poi ha fatto entrare nella famiglia Thor e Zagor, due bellissimi pastori tedeschi, il peso che la vita all’aria aperta ha nella sua vita è ancora più importante e di migliore qualità.
Stefano, anche quando la sua carriera ha chiamato al trasferimento non si è mai spostato a Milano o a Roma, ma ha sempre preferito mettere in conto qualche viaggio in più piuttosto che lasciare il suo posto vicino alla foresta.
Anche per la sua attività di attore e di pittore, Stefano più che sul downshifting ragiona sul “progetto di vecchiaia”. È semplice, quando potrà smettere di lavorare metterà insieme “Una baita nel bosco, i cani, un apparato per autoprodurmi energia e levarmi dal cazzo”. Spesso pensa: “Perchè devo ammazzarmi di lavoro per un week end nella natura. Basterebbe non riempirsi di bisogni non necessari”.
Per Stefano Nord e Sud del paese non sono più tanto diversi, non nota grandi differenze culturali, la possibilità di accedere agli strumenti di comunicazione le rende tutto sommato superficiali. “Tutti ci muoviamo comunque e dovunque, le differenze, se ci sono, sono più legate alla classe sociale di un individuo piuttosto che all’appartenenza geografica”.
Nella sua visione spostarsi non è una cosa da prendere alla leggera e prima di farlo sarebbe bene essere sicuri di aver dato la giusta importanza a quei particolari che sembrano minimi ma che invece hanno grande rilevanza nel determinare l’effettiva qualità della vita. Uno tra tutti guardare bene chi sono i vicini di casa.
Tra tutti gli amici con i quali ho parlato del mio south shifting, Stefano, Chiodo come lo chiamiamo tra intimi, è quello che si è maggiormente stupito di questa scelta.
Non se lo sarebbe mai aspettato. “Sinceramente mi hai spiazzato perchè sei uno che nel lavoro ha sempre avuto un modo di muoversi, di viaggiare e di trasferirsi diciamo aggressivo, quasi coloniale. Andavi a prenderti degli altri spazi con caparbietà, adesso l’idea che ti sei tolto da quel tipo di competizione è appunto sorprendente”.
DJ TOKY
Toky è nato a Varese e Milano è stata il centro nevralgico delle sue passioni, ma ha solide radici sarde, non solo genetiche, ma anche perché ha passato tantissimo tempo sull’isola a contatto con quell’energia così potente e particolare che chi ama la sardegna visceralmente comprende bene. Mi rendo conto mentre scrivo che, in effetti, Toky, nonostante abbia un accento marcatamente “di sù”, è a tutti gli effetti registrato nel mio cervello come “amico della Sardegna”. Un po’ per quella propensione a dare grande importanza ai piccoli gesti all’interno delle relazioni interpersonali, un po’per il rispetto profondo per il valore dell’amicizia. “La Sardegna ti entra dentro e ti porta lei dove devi andare” mi dice quasi commosso.
La mossa verso il downshifting Toky la sta preparando in modo meticoloso, è uno dei suoi obiettivi a lungo termine, anche perché il suo lavoro, che ama alla follia, è un fuoco al quale ad oggi ancora non vuole rinunciare. Lo diverte troppo stare in radio e fare il Dj in giro per il mondo.
Toky viaggiando su e giù per l’Italia si è convinto che il Sud abbia caratteristiche positive e una qualità che nella vita quotidiana al Nord “Ce la sogniamo”. I punti fissi sono l’amicizia che dura tutta una vita, il senso del rispetto, la presenza della famiglia, la convivialità e l’ospitalità. “Vai a cena dal milanese e può capitare di trovarti a tavola la vaschetta di prosciutto cotto dell’Esselunga, se vai da un meridionale ti fa trovare un tavolo imbandito, con una cura maggiore, sintomo di un valore diverso nella condivisione del pasto, è inutile negarlo”.
Toky fa un’osservazione particolarmente significativa rispetto al desiderio di evasione dalla metropoli, in pratica riconosce che, anche se di città incasinate ce ne sono molte, è solo il milanese che proclama spesso, almeno a parole, di voler scappare per cercare ritmi più umani; il torinese, il bolognese e il romano lo fanno molto meno. “La città di Milano si è costruita l’immagine di un posto popolato da persone iper prese, senza tempo, e in effetti chi arriva qui si trasforma con gli anni in questo senso”.
Le considerazioni di Toky, rispetto all’organizzazione del proprio cambio di vita, sono tutte orientate a suggerire di non fare mosse azzardate, valutare bene ogni cosa, pesare soprattutto le proprie prime impressioni, perché “Villasimius d’estate non è Villasimius d’inverno ovviamente”. Nel senso che se una persona si è abituata per anni a fare una vita a cento all’ora, deve prepararsi bene al fatto che spostandosi al Sud potrebbe dover fare i conti con giornate che vanno a dieci all’ora. “Come tirare il freno a mano in autostrada, se non sei pronto e predisposto vai a sbattere.” Tra il dire -faccio questo passo- e poi farlo veramente, spesso ci passa il mare. Anche solo cambiare città non è una cosa facile, optare per spostamenti più radicali è una scelta coraggiosa, bisogna star bene con se stessi, tu ad esempio hai fatto benissimo a diventare terrone, è la prima cosa che ti ho scritto commentando la tua foto in canoa in mezzo al mare. L’hai fatto quasi prima di dirlo, massima stima”.
ROSARIO PELLECCHIA
Il legame di Rosario con la Campania e con Castellammare di Stabia è molto forte ma non ha bisogno di una costante frequentazione, Ross non è una di quelle persone che se sta lontano dal mare sta male. Il mare se lo porta allegramente dentro mentre, dagli anni novanta, vive senza stress Milano e i vari luoghi in cui la sua attività di scrittore, musicista e conduttore radiofonico lo portano. Le sue passioni e il suo lavoro sono esplose nella metropoli e quella tra Milano e Ross è una storia d’amore che mi ricorda una commedia romantica newyorkese: piacevole, brillante ed elegante. Con la sua città d’origine, che lo ha formato, “Il legame è spirituale e interiore, forse per questo ancora più forte, un legame che non ha bisogno di essere messo alla prova continuamente”.
Il downshifting per Rosario non è una necessità, non ne sente l’esigenza. Facendo quello che gli piace ai ritmi che sceglie non si fa travolgere dalla città, ma la interpreta. Non si espone allo stress milanese, che, anzi, vede come un luogo comune da smitizzare. A questo proposito mi dice “Non corro dietro alla mia vita, faccio in modo che sia la mia vita a correre dietro di me”.
L’unica riflessione che potrebbe portarlo a valutare uno spostamento ha a che fare con la tematica ambientale. Soprattutto da quando è padre, qualche volta gli è balenata l’idea di trasferirsi in un posto più verde, in mezzo alla natura e con una migliore qualità dell’aria. Forse solo per questo tipo di vantaggio cambierebbe Milano per un altro luogo..
Rosario ha smantellato una serie di luoghi comuni, sia sul Sud che sul Nord. Il napoletano che non ha voglia di fare nulla, così come il milanese iper concentrato nel lavoro appartengono ad una narrazione superficiale. Nell’esperienza di Ross Milano è tutto il contrario della città riservata e quasi ostile che spesso viene dipinta da chi non la conosce, allo stesso modo l’efficienza e la velocità di esecuzione che si riscontrano a Napoli sono molto lontane dagli stereotipi spaghetti, pizza e mandolino.
Una caratteristica dei milanesi che diverte e che ancora sorprende Ross è l’approccio aggressivo al week end, nello specifico la bramosia patologica di fare qualcosa a tutti i costi. La domanda classica del venerdì “Dove vai per il week end?” dà per scontato un moto a luogo, come se i milanesi avessero covato la fuga per tutta la settimana. Rosario trova più singolare che nella città si avverta una specie di fomo per il tempo libero più che per il lavoro. Così ci sono persone capaci di farsi mezza giornata di macchina solo per scappare via il sabato e la domenica e farsi due ore in spiaggia o sugli sci. “Un napoletano non ha nessuna esigenza di schedulare o di occupare il suo tempo libero, perché per definizione è appunto… libero, saprà dirti com’è dopo che l’ha vissuto”. A Milano invece spesso si verifica quella che Rosario definisce La Sindrome del Salone del Mobile, ovvero si sta partecipando ad un evento, ad esempio, in Porta Genova, quando all’improvviso si sparge la notizia che all’Arco della Pace stia accadendo qualcosa di sensazionale, così inizia la transumanza del popolo del Salone del Mobile in quella direzione. Abbastanza folle come cosa.
Per Rosario, Milano è quasi una piccola Manhattan, dove arrivano persone da ogni luogo, portando con se qualsiasi progetto per dare la versione migliore di se stessi. Da Milano ha avuto grandi dimostrazioni di affetto fin da subito, la sua napoletanità e il carattere di Ross, che posso testimoniare essere fantastico, lo hanno aiutato ad avere fin da subito tanti e buoni amici.
In tutti gli aspetti della vita si è sentito facilitato dalle sue origini campane. Tutti sulla fiducia davano per assodato che fosse simpatico e brillante e per le ragazze era un tipo esotico e per questo interessante. Mi racconta che appena arrivato in città si era sistemato in una casa di ringhiera e una volta… “Ho steso i panni e il giorno dopo non c’erano, ho pensato che me li avessero rubati. Caspita un napoletano a Milano che si fa fregare le mutande il primo giorno! Dopo mezz’ora però bussano alla porta, apro e mi trovo davanti una signora che mi consegna i miei vestiti stirati e piegati. Mi sono commosso.” Episodi come questo hanno ribaltato tutti gli stereotipi sul Nord freddo e inospitale.
Rosario è possibilista in merito a una contro-immigrazione massiva da Nord a Sud, qualche sintomo, da dopo la pandemia, lo riscontra anche nella vita di tutti i giorni. La crescita dello smart working è un segnale che qualcosa può cambiare e che forse il desiderio di sole e mare dei milanesi un giorno troverà soddisfazione nello spostarsi a Sud. Certamente il fenomeno difficilmente avrà i numeri dell’immigrazione che ha interessato milioni di persone che si sono spostate da Sud a Nord nella seconda metà del 1900 mosse dall’esigenza.
Nel consigliare chi sta progettando un cambio di vita o realizzando il downshifting oggi, Rosario mi cita David Bowie “Più maschere mi metto più capisco chi sono”, ogni cambiamento che viviamo, ogni ruolo che ricopriamo, ogni spostamento è importante per definire chi siamo e poi si può anche non avere paura perché i cambiamenti non sono irreversibili. Ross la vede così, del resto ha lasciato la sua comfort zone a 25 anni, quando lavorava nella più importante radio del Sud Italia e non gli mancava niente. La molla che lo ha fatto partire era la curiosità di vedere altro, di mettersi alla prova, di crescere ancora umanamente e professionalmente. “Se tornando indietro non fossi partito probabilmente non avrei scritto tre libri, non avrei sperimentato così tante forme di comunicazione e soprattutto non avrei avuto modo di conoscere grandi personalità della musica e del cinema che mi hanno dato tanto. Partire per me ha rappresentato un grande stimolo in tutti i sensi. Il movimento è sempre produttivo, sarò sempre a favore dello spostarsi”.
Rispetto alla mia scelta personale di diventare terrone Rosario non è rimasto affatto stupito. Lo stupiva piuttosto l’Alessandro in giacca e cravatta alle conferenze sulla finanza. “Mi faceva strano quando ti vedevo parlare di fintech! Tu hai una faccia, un sorriso e una simpatia che probabilmente avevi messo al servizio di un’altra causa, ma per me sei uno che deve vivere di creatività, di parola, di empatia, la tua strada è questa.”
MODOU GUEYE
Modou viene dal Senegal. Si sente milanese e per lui questo significa anche percepirsi internazionale, perché la dimensione della Milano che ama è proprio quella multiculturale e di frontiera. È venuto a Milano nel 1990 per migliorare la propria condizione di vita, credo proprio che ci sia riuscito e aggiungo che nel farlo Modou ha migliorato anche la condizione di altre persone, sia di quelli che lo conoscono, sia di altri che non lo conoscono. Qui ha scoperto il paradiso dice, si rende conto di essere venuto in contatto con idee e visioni che se fosse rimasto in Senegal non avrebbe mai conosciuto né compreso. Modou è del 1969 ed avendo passato più tempo in Lombardia che a Dakar è cresciuto culturalmente e come cittadino a Milano. Modou usa più facilmente il dialetto rispetto alla maggioranza delle persone che conosco ed è un vero appassionato della vita dei quartieri. “Mi è capitato, mentre ero a Dakar imbottigliato nel traffico, di desiderare di bermi una birra ghiacciata seduto al tavolino di un locale in zona Isola. Poi mi sono reso conto che ero a oltre cinquemila chilometri di distanza. Credo che sia una cosa come questa a fare di me un milanese.”
La metropoli gli piace da morire, nulla da dire, ma come tutti i milanesi, soprattutto con il passare degli anni, nei mesi invernali più freddi e bui, comincia a fantasticare di andare a svernare al caldo, magari proprio in Senegal, però solo a patto di potersi portare dietro un certo numero di amici dall’Italia. Credo che a proposito si stia inventando un progetto ancora in embrione, un quartiere italo-senegalese a Dakar o qualcosa del genere.
Nel frattempo prova a passare più tempo possibile in Sardegna, in Sicilia o a Napoli, tre terre che ha nel cuore, pur rendendosi conto che la sua dimensione è comunque Milano. Per questo quando gli ho chiesto se ha mai pensato di trasferirsi a tutti gli effetti in un altro posto per rallentare il ritmo mi ha risposto che Barcellona o la Grecia sono per lui molto interessanti oltre che simili al Sud Italia per certi versi.
Modou ha affrontato tante sfide e superato barriere linguistiche, culturali, di usi e costumi e mentalità mi ha raccontato che per lui integrarsi è stato “Come essere un cieco che piano piano riacquisisce la vista”. L’elemento che gli ha permesso di svoltare è stata la volontà oltre che la curiosità. “Vedevo queste case altissime, io arrivavo da una periferia dove al massimo una casa era di tre piani. Vedere le persone chiuse nelle case, con la vita che succedeva dietro le mura era stranissimo, ero curioso di sapere cosa succedeva nelle vostre case e nelle vostre teste. Arrivavo da un posto dove tutto succede nel villaggio, nella piazza e nelle strade, dove non esisteva la privacy.”
La prima cosa che Modou consiglia a chi sceglie di spostarsi è di essere aperti e curiosi,
poi saper ascoltare e osservare, essere pazienti perché, non tutto si può capire subito, ci vuole tempo e bisogna prendere i piccoli inciampi con filosofia.
In merito alla mia rinascita terrona mi ha detto una cosa semplice ma che fa riflettere “Hai fatto bene, non hai mollato Milano perchè non ti piaceva, ma ti sei spostato per migliorare le tue condizioni di vita. Per un essere umano è doveroso, quando ne ha le possibilità, cambiare in meglio le proprie condizioni di vita, con tutti i possibili pro e contro che la cosa comporta”.
LEONARDO MANERA
I genitori di Leo sono una siciliana e l’altro settentrionale, suo nonno salì dopo la guerra, trovò lavoro, poi tornò in meridione per sposarsi e risalì con la moglie. “Secondo i migliori luoghi comuni ho preso da lui la pigrizia, sono un settentrionale atipico”. Leonardo è una persona che tende a ritmi rilassati da sempre, forse anche per il fatto che è cresciuto a Salò, un comune molto tranquillo sul Lago di Garda. Il lago è rilassante e pacato e da Milano lo può raggiungere ogni volta che sente il bisogno di fare una delle sue leggendarie passeggiate, nel senso che cammina davvero tantissimo.
Quando Leo è venuto a Milano aveva 20 anni ed è rimasto scioccato da molte cose, tra le quali la differenza di dimensioni delle case rispetto a Salò. Abituato a spazi molto ampi, si ritrovò a vivere i primi anni milanesi in una casa di venti metri quadri.
“Milano ha due anime, se vai in Moscova sembra una città internazionale, senti parlare in inglese, più vai in periferia più trovi realtà dove l’inglese non si parla tanto.”
Milano gli è sempre piaciuta perché la considera un posto vivo, una città aperta che “Ti valuta per quello che fai senza giudicarti per come sei”. Il difetto principale che ravvisa della metropoli è la difficoltà ad incontrare gli amici quando ne hai voglia, perché troppo spesso le relazioni si impastano con il lavoro e si finisce per frequentare principalmente persone con le quali si condividono aspetti professionali.
“È da alcuni anni che in casa ho un cartello, recita: in otio felicitas, e intendo ozio creativo” mi dice, a sottolineare come nella sua vita sia importante avere il tempo di pensare, di elaborare le cose immergendosi in spazi tenuti espressamente vuoti, spazi che poi si riempiono di idee inaspettate.
La sua idea perfetta di downshifting è andare a vivere a Caponago, come dice spesso anche per radio: “Concluderò la mia vita al Bar di Caponago parlando del più e del meno con gli altri anziani”. Anche la Puglia piace molto a Leo, nello specifico la Val d’Itria o la zona del leccese, posti che ama per i colori e per l’idea di poter vivere con ritmi lenti e a misura d’uomo. “Una cosa che mi colpisce molto positivamente del Sud è il pisolino dopo pranzo nei giorni di festa”.
Per Leonardo l’impatto maggiore sulla routine quotidiana, in tema di spostamenti, dipende tutto dalla dimensione della città nella quale si va a vivere. Una scelta concreta di downshifting dovrebbe prevedere la scelta di un piccolo centro, con molto spazio per le relazioni quotidiane, ma “Per chi è abituato a incentrare la propria vita sul lavoro potrebbe anche costituire un piccolo trauma”.
Cambiare vita, secondo Leo è un’idea che tutti abbiamo e che resta tristemente nel cassetto, in un primo tempo perché ci si dedica al lavoro e poi perchè si pensa che sia troppo tardi. “Mio padre voleva andare a vivere in Brasile e invece non è mai andato via da Salò, se avete l’idea di andare a vivere da un’altra parte, fatelo, non abbiate rimpianti!”.
Quando si deciderà a diminuire le attività live per dedicarsi prevalentemente alla scrittura, sicuramente Leo metterà in opera il suo trasferimento, con l’attenzione però alla scelta di un posto dal quale si possa facilmente raggiungere un grande centro, questo per evitare il senso di isolamento che avverte come qualcosa di spiacevole e soffocante. Rispetto alla mia scelta della Puglia Leonardo mi prende in giro così: “Evidentemente la vita a Milano ti stava stretta, da quello che vedo ti dedichi di più a te stesso, fai sport, ti godi il mare…l’hai sicuramente fatto per diventare più bello e provarci con delle donne del posto”.
ALESSIO BERTALLOT
Alessio è nato in Val d’Aosta e i primi cinque anni li ha passati in montagna, i successivi cinque, per seguire con la famiglia il lavoro del padre, li ha trascorsi a Malta, praticamente in mezzo al mare. “Per me l’imprinting è stato quello di capire che i due estremi rappresentano un’unità, al contrario di dove vivo adesso che non rappresenta un beato cavolo di niente”.
Questa esperienza vissuta da così piccolo lo ha fatto innamorare delle partenze. “Sono capace di buttarmi alle spalle delle cose solo se ne trovo altre, solo se c’è una partenza”, mi confida. Alessio divide l’esistenza in tre stati: la partenza, il viaggio e l’arrivo. È più interessato alla partenza “Quando tutte le carte sono ancora da giocare” perchè l’arrivo è invece una dimensionea a volte deludente.
Nonostante di Alessio si possa dire tutto tranne che sia un amante di Milano, è comunque milanese dal punto di vista culturale ed esperienziale. Una sorta di appartenenza forzata ad un luogo dove succedono le cose e che lui definisce the place to be.
“Ho delle perplessità sulla Pianura Padana, clima e parassiti mi fanno pensare che non sia stata una grande scelta antropizzarla, poi uno si adatta”.
Alessio il downshifting l’ha sperimentato negli anni settanta, quando tutto era più semplice e quando “Non sapevamo di avere meno, rispetto ad oggi, ma stavamo bene lo stesso ”. Da adolescente viveva in un mondo dove si era più felici senza un sacco di cose e “Magari era perchè eravamo ragazzi, ma andava avanti comunque. ora è “ intossicazione ermetica, “ per dirla con Hillman: tutto è pieno, pieno di cose che , per la maggior parte sono superflue e che ci creano degli obblighi”. Se si verificasse un downshifting guidato per ragioni di necessità e come in un film distopico il sistema fallisse, Alessio è convinto che si verificherebbero delle sperequazioni sociali macroscopiche a tutti i livelli “ come è successo amolte categorie, come gli artisti durante la pandemia “ e che anche “Chi inneggia al downshifting dovrebbe stare attento perchè potrebbe far parte della schiera dei sommersi”.
Secondo Alessio il Nord tanto quanto il Sud sono categorie dello spirito più che luoghi geografici. “Vedere il Sud come una partenza è una cosa eccitante. Parti per iniziare una vita nuova”. È difficile trasferisrsi però se non si trasferiscono anche gli affetti o se non si vanno a ritrovare degli affetti. Alessio crede che forse non basterebbe una vita intera per diventare completamente terrone e cita Vuelvo al Sur di Astor Piazzolla “Torno al Sud come si torna sempre all’amore”, il Sud è interpretato come una sensazione, un’anima. Non basta trasferircisi, bisogna portarci l’anima.
Alessio ci pensa tutti i giorni, ha pensato mille volte di lasciare Milano “Non lo faccio perchè non ho quelle certezze che mi permetterebbero di farlo. Se potessi svolgere la mia attività parimenti a come la svolgo qui lo farei subito, però mi porterei tutti gli amici, uno nel frattempo è già andato.”
LIVIO MAGNINI
Livio si è sempre sentito di appartenere più a Bresso, il paesino in cui è cresciuto, piuttosto che a Milano. Anzi fino ai 22 anni la città gli era proprio antipatica, anche la gente che incontrava nelle vie affollate del centro non suscitava in lui emozioni positive. “Sono stato bambino negli anni di piombo e mi ricordo una città fatta di grigiore e anche un pochino di paura”.
Essendo un campione di scherma, prima di darsi completamente alla musica, capitava spesso a Livio di andare in trasferta in tutta Italia e di rimanere affascinato dai luoghi e dalle persone che incontrava, soprattutto al Sud. Feeling che è continuato anche da adulto nei vari tour con i Bluvertigo e durante i periodi di vacanza a Torre del Greco. “Sul treno della circumvesuviana la gente raccontava, ti offriva da mangiare. Nella metro a Milano c’è tutta un’altra atmosfera, più cupa”.
Una mappa particolare che Livio usa per leggere e sintetizzare le differenze tra Nord e Sud è quella del cibo. “Al Sud, feste ricorrenze e anche semplici cene tra amici esprimono colori e grande varietà di antipasti, primi, fritti, dolci, mentre, se ci pensi, la cassoeula ad esempio è un piatto unico, qualcosa che ti sfama e ti da energia ma è un piatto quasi monocromatico”.
Il downshifting per Livio potrebbe essere un’esigenza reale, visto che va sempre a una velocità incredibile. “Faccio tante cose anche diverse e cerco di avere una giornata impegnata, generalmente mi rilasso tra le 23 e le 3 di notte” ammette candidamente.
Nel 2002 Livio si era trasferito a Roma per sei anni e in quel periodo ha apprezzato molto la gestione del tempo messa in opera dai romani. In più “A roma vivi a colori, colazione all’aperto, pranzo rilassato, non hai mai l’ansia di finire qualcosa”.
Livio sposa la filosofia del downgrade e per questo alcune volte pensa di organizzarsi per trasferirsi tre mesi all’anno a Tenerife, cercando di convincere anche Bertallot, Max e il sottoscritto che sia una buona idea. Raggiungere dei ritmi lavorativi sani per avere più creatività anche e meno stress è sicuramente un suo obiettivo. Condivisibile.
Il cambiamento di vita e lo spostarsi di conseguenza è visto da Livio come qualcosa di molto positivo, oltre che funzionale al suo lavoro. “A Milano fino al 2001 sono riuscito a scrivere solo 12 pezzi, a Roma nel 2022 in un solo anno ne ho scritti più di 100 e nell’anno successivo ho scritto 4 colonne sonore e 3 dischi”.
Prima di partire è necessario però capire bene cosa ti spinge a farlo. C’è stato un momento anni fa nel quale stava per trasferirsi addirittura in India “Ci è mancato poco, quello che avevo visto durante un viaggio in quel paese mi aveva riempito di stimoli” mi dice. Oggi Livio ha un figlio piccolo e nonostante questo è aperto a possibili cambiamenti che sicuramente valuta anche rispetto ai benefici in termini strettamente di salute: aria pulita, clima migliore, meno stress. “Quelle cose che sembravano imprescindibili in realtà si possono cambiare da un momento all’altro senza alcun tipo di problema” questo afferma quando cominciamo a parlare del mio trasferimento. E prima di salutarci mi dice: “Penso che hai fatto bene e che, da battitore libero quale sei, stai prendendo il meglio dei due estremi, sapendoti spostare al momento giusto per fare una boccata di Milano quando ti è utile e creando nuovi equilibri e nuove sinergie nella tua vita da terrone”
KATIA FOLLESA
Chiediti cosa ti piace davvero fare, non c’è nulla che devi fare per forza
Katia Follesa è una figlia del mondo. I suoi genitori sono del Sud ma lei è milanese a tutti gli effetti, non solo per nascita. La contaminazione continua tra modelli del Nord e del Sud ha contribuito in modo importante a determinare le sue scelte. Katia pur non avendo mai vissuto al Sud, lo conosce bene per averlo frequentato assiduamente per lavoro. ‘Quando sono al Nord, a volte, cerco quello che c’è al Sud, e viceversa. Sono alla ricerca di quello che non c’è!’, mi racconta. Essere milanese ha influenzato le sue scelte di vita, perchè a Milano si sente nel posto giusto per fare al meglio il suo lavoro, oltre al fatto fondamentale di avere tutti i suoi affetti in questa città.
Il cambio di vita più importante che Katia ha sperimentato è stato quello determinato dalla scelta di dedicarsi completamente all’arte. Quando ha lasciato la tradizionale attività di famiglia nel campoi del turismo e una posizione lavorativa di prestigio, per tuffarsi a capofitto nel mondo della comicità, che in quel momento non le dava nessuna certezza. A proposito mi confida: ‘Quando ho scoperto la mia vera identità, ho fatto questo cambiamento radicale che da subito mi ha portato grande gioia. Se avessi scelto di vivere l’alltra vita, quella delle certezze e del posto sicuro, sarei andata in down, perchè avrei fatto una cosa che in fin dei conti non mi piaceva.’
Katia mi racconta che, nella sua esperienza diretta, nota molte differenze tra Nord e Sud. Forse, negli ultimi anni, le disparità sono ancora più marcate, soprattutto se ci riferiamo all’evoluzione tecnologica che si sta sviluppando al Nord e che ancora stenta ad attuarsi al Sud. Ma come ogni cosa, anche questo fatto può avere sia lati negativi che positivi. Per chi si sposta da un capo all’altro del Paese, adattarsi non è sicuramente facile, nè veloce, proprio per le differenze che si possono rilevare in tutti gli aspetti della vita.
Perciò Katia consiglia, a chi sta pensando di trasferirsi, ‘di non trasferirsi solo perchè al Nord c’è il lavoro o al Sud c’è il mare’, senza prima essersi interrogati profondamente su quale sia l’autentica felicità che stiamo cercando.
‘Leggo spesso storie d’imprenditori che mollano tutto e vanno a fare i pescatori: mi chiedo sempre se non sia anche questa una moda’ mi spiega, dandomi così modo di chiederle se pensa la stessa cosa del mio trasferimento e della mia scelta di diventare terrone. Ma la sua è una risposta da amica: ‘Hai fatto benissimo, perchè ti sento molto coerente con quelli che sono i tuoi desideri. Ti conosco solamente da venticinque anni e posso dire che sei sempre stato un uomo entusiasta della vita, non ti ho mai visto triste una volta. Ma adesso ti vedo particolarmente carico, è chiaro che stai bene! Se fossi rimasto al Nord non saresti diventato quello che sei adesso.’
MARCO BAZZONI
Marco è sardo e da qualsiasi parte vada nel mondo, che si trovi a Milano come a New York, porta con sé la Sardegna, sempre. ‘Devo per forza tornare ciclicamente in Sardegna, dove c’è la mia vita vera’, mi confida.
Dopo una vita molto veloce, senza orari e sempre in viaggio, fare radio con costanza ha permesso a Marco, per la prima volta, di avere una routine e dei ritmi ben scanditi. In più il fatto di vivere da qualche tempo a Roma, dopo diciotto anni di Milano, in qualche modo, equivale a una sorta di downshifting, almeno per i ritmi di vita. ‘Più vado verso Sud e meglio mi trovo, solitamente’, è la sua sintesi.
C’è un tempo per tutto, mi dice Marco, osservando che quando si è giovani si vuole spaccare il mondo e raggiungere un certo status, ma poi, con gli anni, diventa più facile rendersi conto di quali siano le scelte di vita che ci fanno stare bene. ‘Vale la pena lavorare quattordici ore al giorno per avere uno stipendio alto, ma allo stesso tempo vivere in una città con il cielo grigio e non essere a contatto con le persone con le quali sei cresciuto?’, si domanda. Marco mette queste considerazioni sulla bilancia, serenamente, e la sua risposta è semplice: ‘Solo per un periodo limitato’ si possono accettare compromessi con la qualità della propria vita e delle proprie relazioni. E aggiunge: ‘La scelta più giusta è quella di tornare a casa, cosa che prima o poi farò anche io’.
Rispetto al mio downshifting pugliese, Marco mi dice: ‘Hai fatto bene! Se stai bene, poi, hai fatto benissimo! Consapevole che l’Italia non è un posto con le stesse opportunità in tutte le regioni e che quindi potrebbero esserci delle rinunce da fare’
RAZ DEGAN
Oltre vent’anni fa, Raz ha preso una decisione che a molti sembrava eccentrica: fare della Puglia la sua casa, un luogo allora appena riconosciuto sulla mappa, avvolto nel tranquillo embrione della Valle d’Itria. Questa scelta non era semplicemente un cambiamento di residenza, ma un profondo impegno verso un’esistenza in netta contrapposizione con lo stress della modernità.
Raz riflette: “All’epoca la Puglia offriva un rifugio, uno spazio dove lo spirito senza tempo della terra e gli antichi ulivi parlavano di un’esistenza più profonda e significativa.”
Il viaggio di Raz verso l’autenticità è segnato da una connessione intima con la natura che lo circonda, che considera un santuario e una fonte di crescita personale continua. “Gli uliveti, i muretti a secco, il vento che sussurra attraverso le vallate non sono solo scenari pittoreschi per me, ma simboli di una vita connessa ai cicli della terra.”
Negli ultimi due decenni, tuttavia, Raz ha osservato i cambiamenti portati dalla globalizzazione e dal digitale, che hanno ridotto le distanze ma anche alterato il paesaggio e il ritmo della vita in Puglia. “Ho visto con i miei occhi come l’avanzata inarrestabile della globalizzazione abbia modificato non solo il paesaggio ma l’anima stessa di questi luoghi. È come assistere alla diffusione dell’olio sull’acqua: chiaro, inconfondibile e irreversibile.”
Nonostante queste trasformazioni, Raz mantiene il suo impegno incrollabile verso la terra e il modo di vivere pugliese. “La vera sfida ora è conservare quegli elementi che riecheggiano nelle nostre anime, che ci collegano alla terra e gli uni agli altri in modi significativi.”
“Viaggiando in tutto il mondo, ho incontrato luoghi non toccati dal ritmo frenetico della modernità. La Puglia, con i suoi uliveti millenari, sta a dimostrare ciò che rischiamo di perdere,” condivide Raz, sottolineando l’importanza di conservare la bellezza e l’autenticità che la Puglia offre.
“Scegliere la Puglia è stata una decisione consapevole di abbracciare una vita dove la semplicità, la profondità delle tradizioni e la comunità sono celebrati. È una dichiarazione del tipo di mondo che desideriamo coltivare per le generazioni future,” conclude Raz, riflettendo sul suo trullo al tramonto.
e ora… spazio ai lettori!
DAVIDE GROSSI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Trasferito per lavoro a Bologna da Pesaro, ormai 26 anni fa, i legami con le persone si sono disciolti velocemente, il legame con i posti vissuti nell’infanzia e adolescenza assapora il gusto amaro della sensazione di posti che sembrano uguali a tanti anni fa, ma che non lo sono più. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Scappare dal senso di soffocamento e oppressione che per un giovane può comportare la piccola provincia, dove tutti sanno e parlano di tutti, dove senti addosso un etichetta che anche se cresci ti rimane appiccicata addosso e ogni piccola digressione dai sentieri tracciati dalla maggioranza può avere un prezzo troppo alto per chi deve ancora formare la propria identità. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
All’inizio mi piaceva molto. Ora dopo tanti anni è, di nuovo, cresciuta una certa inquietante. Soprattutto continuando a frequentare e vivere i posti descritti nel libro da ormai 36 anni, mia moglie è di Taranto con seconda casa che usiamo per relax e vacanze a Martina Franca, nel cuore della Valle d’Itria. Penso che mi sposterei volentieri, in prospettiva, per vivere la pensione 6 mesi in Emilia Romagna e 6 mesi in Puglia ogni anno. |
STEFANIA TINELLI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Il luogo in cui sono nata è il luogo in cui vivo. Taranto ! |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Il fortissimo legame che sento con la mia terra e per i miei affetti ha costituito un rifiuto espresso e convinto che un futuro potesse essere solo lontano da qui. Xke la frase più comune è a Taranto non c’è niente, bisogna andare via da qui. Ho conseguito laurea triennale in economia e commercio a Taranto e specialistica in Economia e Management a Bari con 110 e lode. Andando via da qui avrei sicuramente avuto una carriera professionale diversa. Ormai sono quasi 10 anni che lavoro presso uno studio di un consulente del lavoro occupandomi della parte contabile. Cerco di svolgere il mio lavoro con competenza e per questo a volte seguo anche corsi privati a pagamento per stare sempre sul pezzo. Ad oggi posso dire che sono appagata economicamente e soprattutto sono felice di vivere nella mia terra che mi da modo di essere grata ogni giorno per quanto mi regala. Cerco nel mio piccolo di contribuire a migliorare la mia terra. Ti sono grata per aver portato la tua persona, e di corredo la competenza e conoscenza in questa città. Sarai sicuramente in grado di contaminare positivamente chi avrà l onore di esserti vicino. Sei un grande! |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Felicissima Terrona nel Dna |
ELISA TURCHESE SALMASO
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Non ho nessun legame se non quello con i miei genitori che stanno diventando grandi e ho paura di lasciare. Mia nonna si è trasferita dalla Puglia in Veneto quando aveva circa 20 anni e qui è sempre stata , sono l’unica nipote che le somiglia e sento nelle vene di essere terrona . Ho conosciuto il mio attuale compagno quando avevo 19 anni e “casualmente” pugliese. Abbiamo avuto 3 figli e tra alti e bassi siamo sempre assieme. Ogni anno ad agosto andiamo a trovare la sua famiglia a Sava TA , ho proposto più volte di trasferirci lì ma quando si è una famiglia composta da 5 teste non è così facile mettere d’accordo tutti , è per questo che viviamo ancora in provincia di Venezia. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Sono una persona che ama e abbraccia i cambiamenti purtroppo da quando sono sposata e ho figli , li ho dovuti ridimensionare. Leggere il tuo libro mi ha rifocalizzata , mi piacerebbe tanto trasferirmi , d’altronde se non si prova come si fa a sapere cosa è per noi e cosa no. Tuttavia mi sa che c’è ancora da aspettare. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Ho solo 45 anni tu ti sei trasferito a 46 , c’è ancora tempo dai … Mi piacerebbe andare a vivere in campagna a Sava ma mia suocera mi convince che li ci farebbero del male per rapinarci 🙁 vivere in centro al paese non è la mia massima aspirazione ma sarebbe comunque meglio di vivere dove sono attualmente. Quanto vorrei convincere tutti e partire domattina……… |
CHIARA FAVARO
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Io sono nata al nord, ma ho origini sicule da parte di madre, la moglie di mio padre è pugliese…..io mi sento una donna del sud, non c’azzecco niente qua al nord |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Mha….vivo da spettatore e non da protagonista |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Diciamo che qua sopravvivo. Io vado ai due opposti….andrei a vivere o in montagna o in un paesino del sud |
MIRANDA CAPRIOLI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Solo gli affetti familiari… |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Non credo di avere una propria identità regionale…sono nata a Bolzano da madre calabrese e padre veneto, un mix di culture…ho sempre odiato le montagne … |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Fin da ragazza volevo andarmene da Bolzano, con mio marito, per lavoro siamo arrivati a Trento…ma il mio sogno e’ sempre stato vivere al mare. 20 anni fa abbiamo conosciuto un paese del Salento ed abbiamo deciso che appena possibile ci saremmo trasferiti. Lo abbiamo fatto ad aprile, stiamo ristrutturando una casa, mio marito e’ in pensione ed io cerco lavoro….Tiggiano e’ il paese…2800 abitanti, 4 km dal mare… |
MICHELE CONTI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Ciao Ale, il mio luogo d’origine è Fano e dopo anni a Milano ci sono tornato. Qui c’è il mare, soprattutto in inverno, in spiaggia in estate non ci vado quasi mai, è più avere un costante vento di salsedine che ti fa capire dove sei. Sono legato a questa città perché ho tutti i miei affetti. Anche se riconosco che potrei vivere ovunque. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Non molto. Mi rendo conto che su certe cose sono camaleontico, nel periodo Milanese mi sono sentito un po’ milanese, quando frequentavo tantissimo la Toscana mi è venuto anche l’accento toscano e qualcuno pensava fossi di là. Non mi sono mai sentito “marchigiano”, qui sono a cavallo con la Romagna e non siamo molto identitari, abbiamo l’accento di Valentino Rossi, a Milano mi davano del Bolognese o Riminese a volte… ma sono più vicino ad Ancona o Macerata, ma quando parlano non li capisco. Quindi mi sono sempre sentito del posto che mi ospitava in quel momento. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Mi sono spostato a Milano per anni e ogni volta che vedo un posto nuovo quando sono in giro per l’Italia per lavoro o anche all’estero mi capita di interagire magari per un mese intero anche con gente del luogo e pensare che forse si, potrei vivere bene anche lì. Se dovessi andare al sud sceglierei la Sicilia senza nessun dubbio. Mi frenano le mie radici, l’avere ereditato qui una casa che a volete mi sembra un peso (mi rendo conto che non avere niente rende le persone molto più libere), l’aver scelto di investire qui ma qui a Fano in fondo ci sto molto molto bene, non sento l’esigenza ne l’urgenza di ripartire in questo momento. Ma non l’escludo per il futuro. Avendoti conosciuto non mi stupisce la tua scelta, per il semplice fatto che trovi positività ovunque |
FABRIZIO SPERATI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Il luogo d’origine, ogni luogo d’origine fa parte dell’identità personale. Che piaccia o no, sicuramente influenza la “crescita” individuale. Io personalmente non vivo di ricordi ma con i ricordi di cui non rinnego nulla e sono ancora uno che può dire di aver vissuto “il sabato del villaggio” pur vivendo in un quartiere popolare di Milano. Purtroppo ricordi che non trovano più i riscontri nella città che ha ingoiato tutto e tutti. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Non sono mai stato campanilista pur ritenendo unica quella che era la mia Milano vivibile. Quella dove importava essere e non avere (Fromm “Avere o essere”). Ho vissuto con la mia regina (motivi di lavoro, a Sestri Levante quando era un paese a misura d’uomo della riviera), a Pont Saint Martin, a Napoli (fenomenale periodo nell’anno 1981). Quindi le mie scelte sono sempre state senza il vincolo del luogo d’origine. Infatti ho lavorato anche alcuni decenni all’estero. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Abito ad Arese e mi piace; dopo tanti anni in “giro” abbiamo preso residenza per due motivi principali: 1) rifiutando di continuare a lavorare nel post pensione, non avendo esigenze particolari e con i figli oramai per le loro strade. 2) paese dove risiedono sorella e cugina della mia regina. 3) spostarmi? Si ma mantenendo la “base” di riferimento vista l’età. Mi piace molto il luogo dove attualmente risiede mia figlia (Baden Suisse), un luogo ameno e vitale in mezzo al verde con un bel fiume, dove esiste ancora il rispetto del manufatto pubblico (per quanto durerà?) |
ANNIBALE GUARINI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Sono un oboista e sono andato via dalla Puglia e da Fasano 15 anni fa stanco di dover sperare in lavori extra per poter pagare le mie spese quotidiane, realizzare il mio sogno lavorativo in loco una chimera. Pensavo di aver sciolto i legami con con quel luogo ma più passa il tempo e più la nostalgia sale e meno mi sento nel luogo giusto dove proseguire la mia vita e quella della mia famiglia. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Fin da piccolo ho sperimentato tante esperienze lavorative che mi hanno dato la possibilità di poter studiare e specializzarmi in ambito musicale e dell’insegnamento. Quel bagaglio di competenze ed umano l’ho speso all’interno del mio lavoro (insegnamento), il mio impegno lavorativo è sempre stato massimo, dovevo dimostrare a me stesso e al luogo che mi ospitava che ero valido pur essendo un meridionale, ho conquistato importanti traguardi, ricevuto diversi riconoscimenti nazionali e ministeriali relativamente all’inclusione e disabilita’. Adesso sono fermo, guardo indietro e guardo avanti…proseguo con inerzia o cerco nuove energie ed entusiasmo? |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Ravenna mi ha dato molto, ho avuto la possibilità di realizzarmi lavorativamente, acquistare e ristrutturare la casa dei miei sogni, ho una bella famiglia, ho tutto… cosa volere di più? Provo anche un senso di colpa nel pensare di voler migliorare ulteriormente. Ma la vita è una e non si vive di se e di ma.. nuove difficoltà e nuove sfide generano nuove idee e nuova energia. E’ per questo che voglio tornare in Puglia ed esattamente a Pezze di Greco facendo rivivere la casa dei miei nonni. |
JACQUELINE PAPES
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Sono nata e cresciuta in Veneto, in un paese della provincia di Venezia, Mirano. Amo la mia regione, c’è tutto di cui ho bisogno per vivere bene. Sono cresciuta con la nonna campana originaria di Salerno, mi sono sempre sentita in qualche modo legata al Sud. Ma mai come ora, in questo momento della mia vita sento di voler stare completamente al mare, al mare della Campania. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Sono cresciuta convinta di essere una Veneta Doc! Mai avrei pensato di poter trovare una sorta di felicità al Sud. Ho sempre criticato e giudicato il loro stile di vita. È da un po’ di tempo che ogni mese mi prendo dei giorni di relax da trascorrere al mare nella Costiera Amalfitana e mi sono resa conto che il mare e la vita lenta di questi luoghi sono magici. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Vivere in miniatura, strade, vicoli, botteghe e case piccole. Ma con una vista enorme il mare, il mare della costiera Amalfitana. |
ELISA OMETTO
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Ce l’ho nell’anima e nella mente. Mi manca e mi fa paura. Mi sento accolta e allontanata. È come non avere più nulla: ne il mio luogo di origine e ne il luogo dove vivo. La cosa più straziante è non vivere più i ritmi e i valori di una grande, variegata e complicata, per certi versi, famiglia |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Il credo nel lavoro e ne sacrificio, nella speranza di costruire qualcosa di solido e duraturo……solo dal punto di vista lavorativo….mi ha portato a Milano e a Monza |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Mi piace, ma certo non mi sento autoctona. Mi piace essere in una piccola città così vicina alla grande Milano, ma non so se vorrò terminare qui la mia vita. |
CALIMERO TAGLIABUE
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Abitudini e conoscenze ma con il.passare degli anni sempre più distante dal modo di vivere ed interpretare le scelte quasi obbligate del vivere al Nord |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
La regionalita’ ti porta a comportamenti che ti auto identificano ma non è detto che siano appaganti …. anzi a volte ….proprio il contrario |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Mi piacerebbe “scendere” al Sud ….guarda caso in Puglia . Mi identifico spesso nel comportamento di amici pugliesi che vivono al Nord poi il mare , la cucina e la musica …. simpatia 360° |
ANDREA FRASCHETTI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Forte soprattutto con il centro storico che mi commuove ogni volta che mi capita di passeggiarci la sera dopo cena . |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
In modo forte e prepotente . |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Non mi piace dove vivo adesso . Mi sento soffocare . Sono in pensione e credo che appena potrò me ne andrò. |
ROSALBA ZAPPIA
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Forti, molto forti. Sono nata in paese della provincia di Reggio Calabria, a 19 anni l’ho lasciato, prima volta, per iniziare l’università a Torino. Rientrata l’anno successivo ho completato gli studi a Messina, certa del fatto che non avrei più abbandonato il Sud. Non fu così. A 29 anni sono ripartita per Bergamo. A Bergamo inuzia la mia carriera di docente, nella testa sempre l’idea di rientrare, o quantomeno ridurre la distanza… Roma rappresentava, nella mia testa, una buona via di mezzo. Nel 1991, a Varese, concorso per il ruolo dicente, incontro un collega lombardo che nel giro di 1 anno diventerà mio marito; sogno del rientro accantonato |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Chi nasce terrone, non può che morire terrone.. tutta la vita viene influenzata da questo. Tu racconti del caffè al bar, del barista e della cassiera, ti voglio raccontare un episodio che, pur nella sua banalità, mi ha segnata. Primo anno di insegnamento in provincia di Bergamo, la scuola ha nell’atrio un piccolo bar dove mi fermo a prendere il caffè di iniziare la giornata lavorativa; arriva una collega, anche lei chiede il caffè; glielo offro ( normale per me..sono terrona, mi hanno insegnato che si fa così, chi è già al banco offre..). Lo accetta ma mi guarda in modo interrogativo. La mattina successiva la vedo arrivare di corsa, mi paga il caffè e va via. Va via, capisci? Io rimango con la tazzina in mano stralunata, non capisco.. mi sento tra l’offeso e l’umiliato. Rifletto e mi rendo che forse, per lei, il mio gesto era offensivo, si sarà chiesta: perché mi ha offerto il caffè? Cosa vuole? O chissà cos’altro.. Lo so, non ho risposto alla tua domanda, ma non ho una risposta Il mio essere calabrese e il mio essere la persona che sono; le mie scelte,invece, sono state influenzate dalle circostanze più o meno felici. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Vivo adesso tra Lombardia e Calabria, mesi estivi al sud, in inverno Lombardia. Mi piacerebbe spostarmi in un piccolo paese di mare, magari su un promontorio. Una piccola casa con jn orto/giardino vista mare. Tipo Capovaticano di qualche anno fa. |
FRANCESCA PARODI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Il mio adorato nonno era siciliano, precisamente di Siracusa. Combinazione, anche il mio compagno ed i suoi parenti tutti, sono siciliani. Il mio cuore appartiene a quella terra pur non essendoci nata. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Sono nata e cresciuta in Piemonte, a metà tra montagna e mare. Sono sempre stata una persona avventurosa ed esploratrice e non mi sono mai identificata in nessuna regione. Appartengo al mondo. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Attualmente abito a Vercelli e sto molto bene. Credo che la cosa più importante sia essere presenti nel QUI E ORA, che sia questo l’unico modo per essere sereni, a prescindere che ci troviamo in una grande città oppure sulle spiagge di Bali. Credo mi trasferirò in quest’ultimo luogo che ho citato non appena andrò in pensione. |
SERGIO BIAGINI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Downshifting a generazioni alterne: Sono nato a 49 anni fa da genitori marchigiani che negli anni 50 avevano fatto l’upshifting verso la città per esigenze economiche. Anni di vita in famiglia, straordinari e cambiali per acquistare la casa. Crescevo, studiavo, ed ho iniziato a lavorare in ambito finanziario in città ma i miei genitori avevano mantenuto la casa a Senigallia per le vacanze. Facendo downshifting tutte le estati ho conosciuto mia moglie e da circa 20 anni mi sono trasferito a mare, con grande piacere, ristrutturando per tutti la casa delle vacanze. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Ho fatto downshifting perché ho conosciuto la mia dolce metà e sono andato dove suggeriva il cuore. Ora abbiamo due figlie, e quella di sedici anni si è già trasferita a Milano per frequentare un’accademia di danza e quindi spesso si va avanti e indietro. Non è importante dove vivi ma che siano felici le persone che vivono con te. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Al momento vivo felicemente dove sono, mi sposto spesso a Milano, e paradossalmente la vivo di più ora come “turista” che rispetto al passato come cittadino. Più che stare mi piace essere. P.s. nel lontano 2007 ho letteralmente citofonato a Radio Deejay durante B-Side con vino e parmigiano e Alessio Bertallot mi ha fatto salire. P.S.S. Ero alla presentazione del tuo libro alla Rizzoli di Milano con mia figlia…. Serata epica!!!! |
VALERIA CROSTI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Sono di Seregno , vicino a Monza, sono legata a Milano per tutto quello che mi ha dato in amicizie, bellezza … si perché Milano è bella! Monumenti, palazzi, piccoli angoli dimenticati… lo era anche negli anni 90 quando nessuno se la filava…. La vita notturna , una piccola metropoli a misura d’uomo. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Essendo brianzola sono finita a lavorare nell’ arredamento… stano… mi ha portato a viaggiare, conoscere altri modi di definire l’ambiente dove si vive. In Brianza si corre sempre ma la vita poi porta sempre a fare i conti con quello che vuoi davvero. . Ho avuto la fortuna di poter scegliere senza dovermi preoccupare di sfamare i miei figli. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
La scelta in realtà l’ho già fatta, sto scrivendo da un paesino della Sicilia. Non è ancora una scelta definitiva per ragioni varie ( figli ancora da gestire e un genitore non proprio in salute) . Ho preso una stalla vicino a Scicli e appena posso ci vengo. A Seregno ho una bella casa ci mancherebbe ma mi svegliavo e vedevo solo in verticale.. muri ovunque. Adesso dalla mia camera vedo il rosa dell’alba e la sera mi sdraio sul lettino da sole e guardo il tramonto e il mare insieme a Kubra , Mimmo e quello stronzio di gatto… tutti randagi che hanno scelto me. Conosco quasi tutti i miei vicini.. pazzesco ! Arrivano alla mia porta con cassette di pomodori in regalo che non so più come smerciare, le cene sono fatte di chiacchiere e non di selfie. Potrei andare avanti per ore ma il concetto mi sembra chiaro! Bel libro comunque! |
CRISTINA RECCHIA
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Sono nata e cresciuta in provincia di Torino, la famiglia di mio padre viene da Monopoli, quella di mia madre dalla provincia di Vicenza. La mia città l’ho sempre sentita un po’ estranea, e io mi sono sempre sentita un po’ inadeguata, ma forse non per colpa sua. Probabilmente più per mancanza di sicurezza in me stessa. Sapevo insomma che volevo andare via, per capire chi ero e per prendermi qualche rivincita. Non mi sentivo capita e valorizzata come volevo a Torino. Vivo a Copenaghen da 18 anni, l’ho scelta per amore. Il legame con Torino oggi è un richiamo sempre più forte. Non riesco più a starle lontana e ogni volta che ci torno mi sembra un paradiso poter semplicemente esserci. É semplicemente la mia casa. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Torino è sempre stata una citta sommessa, composta, poco espansiva, e poco aperta al mondo. Allo stesso tempo é creativa, innovatrice, severa, ma giusta. Quando frequentavo il liceo, nei weekend partivo dalla provincia per andare a Torino e facevo sempre sosta alla libreria Rosa Luxembourg in piazza Carignano perché era l’unica libreria che vendeva riviste e libri in inglese. Così sognavo mondi alternativi e pensavo al giorno in cui sarei andata via. Non mi definirei torinese, piuttosto una torinese terrona. Sono esigente, precisa, attenta e severa, un po’ come la mia Torino. Ma il mio cuore e la mia passionalità sono certamente tutte pugliesi. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Copenaghen mi ha offerto tante opportunità ma io sono stata brava e coglierle e non senza tanta fatica e sacrifici. Ho iniziato una carriera nel mondo della moda, ho imparato il danese, ho conquistato indipendenza e sicurezza in me stessa. E non mi nascondo più, soprattutto nell’essere diversa dall’ambiente che mi circonda. Anzi, ne vado fiera. Ma ora ho tanta voglia di tornare a casa. Questa volta il mio sogno è reinventarmi in Italia, precisamente a Torino. Ma la mia città mi accoglierà? Sono pronta a mollare tutte le certezze e a tornare? La risposta è sì. |
MARINA GRECO
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Mi piace definirlo viscerale…per questo per me è così difficile vivere lontano dalla mia.. nostra Taranto. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Tantissimo…la Puglia è gioia ma è anche dolore. La mancanza di opportunità lavorative mi hanno spinta ad andare via. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
Vivo e lavoro a Malta da ormai 12 anni…ed è da tantissimo tempo che sogno il rientro in Italia. Cerco però la giusta opportunità lavorativa…quella che mi faccia dire: È passato del tempo… è stato difficile ma ne è valsa la pena..ora sono felice nel mio posto nel mondo. |
DAVIDE GROSSI
Che legami hai con il tuo luogo d’origine? |
Trasferito per lavoro a Bologna da Pesaro, ormai 26 anni fa, i legami con le persone si sono disciolti velocemente, il legame con i posti vissuti nell’infanzia e adolescenza assapora il gusto amaro della sensazione di posti che sembrano uguali a tanti anni fa, ma che non lo sono più. |
In che modo la tua identità regionale ha influenzato le tue scelte di vita? |
Scappare dal senso di soffocamento e oppressione che per un giovane può comportare la piccola provincia, dove tutti sanno e parlano di tutti, dove senti addosso un etichetta che anche se cresci ti rimane appiccicata addosso e ogni piccola digressione dai sentieri tracciati dalla maggioranza può avere un prezzo troppo alto per chi deve ancora formare la propria identità. |
Ti piace vivere dove sei o vorresti spostarti? Se sì, dove e perchè? |
All’inizio mi piaceva molto. Ora dopo tanti anni è, di nuovo, cresciuta una certa inquietante. Soprattutto continuando a frequentare e vivere i posti descritti nel libro da ormai 36 anni, mia moglie è di Taranto con seconda casa che usiamo per relax e vacanze a Martina Franca, nel cuore della Valle d’Itria. Penso che mi sposterei volentieri, in prospettiva, per vivere la pensione 6 mesi in Emilia Romagna e 6 mesi in Puglia ogni anno. |
Aggiungi la tua storia, le tue esperienze, le tue emozioni:
Qui sotto trovi delle domande che potrebbero esserti d’aiuto per raccontare la tua storia.
Leggeremo tutto e pubblicheremo su questa pagina le storie attinenti agli argomenti proposti.